Qual’ è la domanda che più spesso rivolgiamo ad un addetto alle vendite quando entriamo in un negozio?

Posso dare un’ occhiata?

Capiamo dunque l’importanza che la comunicazione visiva possa avere durante l’acquisto. L’acquisto tradizionale è sostituito dall’acquisto emozionale: non si compra solo con la testa, ma anche con il cuore. Il cliente vuol’ essere il protagonista. Troviamo così in primo piano la centralità del consumatore, ed il consumatore diviene un consum-attore (cfr. Fabris, Societing, Egea, 2008).Pensiamo ad alcuni casi mediatici come i popolari Master Chef e X Factor che, come molti altri fratelli reality, permettono allo spettatore di vivere l’esperienza televisiva, e non soltanto di goderne tramite l’osservazione del programma. Il negozio che oggi funziona non ha soltanto la merce giusta, ma fa vivere un’esperienza diretta, racconta una storia della quale il cliente è felice di far parte. Niente acquisto dunque, a vincere è l’esperienza di acquisto. Il tempo per comprare è poco e le modalità imposte dalla nostra vita diventano necessariamente veloci. Sembra inoltre che gran parte degli acquisti non siano, come avveniva in passato, ponderati e pensati troppo in precedenza, ma siano impulsivi. La quota compresa tra il 60% ed il 90% delle decisioni di acquisto vengono prese all’interno del punto vendita ed oltre il 50% degli acquirenti spende di più se l’esposizione delle merce è attraente (dati forniti dalla National Retailers Merchant Association).

Quante volte visitando siti di hotels, SPA e grandi negozi troviamo inserita nel menu la parola “experience“? E cosa significa shopping experience? Apple insegna molto a tal proposito. Entrando nel negozio di New York non entriamo tanto in un luogo dove si vendono PC, ipod, smartphone, ma entriamo in una tribù-community, dove il cliente è protagonista, dove la persona può provare ed utilizzare i vari prodotti, senza che ne debba conseguire un acquisto. Quella che viene venduta è l’esperienza del prodotto. Apple NY ha un fatturato ben 40 volte superiore alle performance medie. Come non parlare poi del trendy Abercrombie? Nell’ultimo mio viaggio a Parigi mi è stato impossibile entrare nel negozio data la lunghezza della fila umana in attesa di visitare il punto vendita. Abercrombie non ha manichini, ha vetrine umane. Anche la vetrina diventa esperienza. Il fortunato e sicuramente criticabile escamotage commerciale della fotografia scattata ai clienti insieme ai modelli lascia alla persona il ricordo dell’esperienza vissuta (la foto viene consegnata in una busta). E che tipo di esperienza possiamo realizzare al suo interno? College universitario americano (identità, appartenenza, prestigio) e locale notturno-discoteca (evasione). Spiegata la fila umana di giovanissimi al suo esterno! Luci quasi assenti, colonne sonore ad hoc e profumi diffusi in tutti gli ambienti inducono il giovane cliente a vivere una specifica esperienza. Shopping experience pensata per bambini: Build a bear. Nel negozio non si acquista un peluche, lo si costruisce, gli si da un nome, si firma il “certificato di nascita” e si porta a casa. Leggo in alcuni forum il rammarico di alcune mamme che non possono portare il figlio in un simile negozio: in Italia, infatti, Build a bear non è ancora arrivato. Non posso infine non parlare di IKEA. All’interno veniamo guidati da un percorso che ci introduce in stanze piccole e grandi, fino a darci la possibilità di entrare in simulazioni di case. E se qualcosa ci piace lo compriamo, lo carichiamo in macchina consapevoli del fatto che spesso lo spazio a disposizione è poco (ma non importa, ci stringiamo noi!), e lo montiamo a casa.

Il cliente deve sentirsi protagonista di un’esperienza coinvolgente. Quando questo avviene desideriamo memorizzare il momento piacevole cercando di acquistare qualcosa che ci parli ancora della sensazione che quel luogo ci ha suscitato. E’ esattamente questo il semplice processo che ci induce a tornare ancora, ad esempio, nello stesso ristorante. Non sono soltanto i piatti ad arricchirci, ma anche la sensazione ed il ricordo unico che ci lega al luogo specifico.

Giulia Peccianti